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C.P. Company

C.P. Company, il brand di sportswear all’italiana

Nel 1971 Massimo Osti, il rivoluzionario designer riconosciuto a livello internazionale come il “padrino dell’abbigliamento sportivo”, fonda il marchio Chester Perry, a Bologna, ribattezzato C.P. Company nel 1978. 

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CP Company campagna autunno/inverno 2021

Il marchio ha subito trovato il favore grazie alla sua interpretazione sottilmente anticonformista dei classici del guardaroba maschile funzionale.

Per più di 45 anni il marchio ha continuato a essere il pioniere della sua ibridazione caratteristica di modelli di abbigliamento militare. Ma anche da lavoro e sportivo d’archivio, combinandoli con l’innovazione dei tessuti italiani intensamente ricercata e all’avanguardia.

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Campagna autunno/inverno 2021

L’innovazione del tessuto

Per la stampa di T-shirt, giacche e pantaloncini, Massimo usava metodi che al momento erano adottati quasi esclusivamente per la carta: faceva uso abbondante del fotocopiatore, della stampa serigrafica piazzata e della quadricromia, cominciando anche ad usare la tintura in capo. Una tecnica che C.P. Company  ha sviluppato per prima al mondo metà degli anni ’70, in cui i capi completamente finiti realizzati con più tessuti e fibre vengono tinti come fase finale, producendo abiti dalla ricchezza cromatica unica e dalla finezza tono su tono. Tale tecnica si differenzia dal metodo convenzionale che prevede la produzione di indumenti a partire da tessuti già tinti.

Sebbene la tintura in capo esista da lungo tempo, Massimo Osti e i suoi collaboratori furono i primi a utilizzarla su capi realizzati con fibre o tessuti diversi. Massimo, facendo riferimento alla sua esperienza come graphic designer, creò immediatamente per la sua azienda uno stile di comunicazione peculiare: la macchina giocattolo, i poster con grafica pop e altri accessori da offrire in omaggio ai negozianti.

I successi dalla fine degli anni ’70 agli anni ’90

Nel 1979 la C.P. Company trasformò il piumino di nylon degli alpinisti in una giacca urban. Il piumino diventò un’alternativa insostituibile al cappotto di lana che, fino agli anni ‘70, era lo stile di giacca invernale dominante nelle città italiane. Sostituendo il nylon, materiale di cui erano solitamente costituite queste giacche, viene introdotta la gabardine, estremamente leggera e soffice.

Per la collezione autunno-inverno 1982 Massimo Osti creò una serie di giacche modulari con maniche staccabili e colletti in combinazioni di maglieria, tele oliate, pelle e camoscio, e fodere in satin con colori sgargianti. Era un’idea nuova e la stampa ne era particolarmente affascinata. Da un punto di vista economico il successo della collezione costituì un punto di svolta, come ricorda Carlo Grazia:

“Abbiamo lanciato la collezione con un grande party e abbiamo cambiato una grossa parte della lista dei nostri clienti. Siamo passati da 350 a 180 distributori, ma le vendite sono comunque cresciute, disorientando tutti i nostri concorrenti.”

Nel 1988, in seguito ad ulteriori ricerche sui cappucci protettivi usati dai militari, C.P. Company si fece ispirare dagli indumenti anti-gas, dandogli l’idea di spostare le lenti dal colletto al cappuccio stesso. Le forme di questa nuova versione della Goggle Jacket si rifanno alla multifunzionalità delle giacche da campo svizzere, le cui tasche intelligenti adempiono a diversi compiti.

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Google jacket

Nel 1992 Massimo Osti trovò per caso una foto di Jean-Paul Sartre, fatta da Henri Cartier-Bresson, e fu impressionato dall’eleganza sobria ma informale del cappotto del filosofo. Nascono così i primi cappotti J.P. Sartre, fatti di pelle di pecora con finitura in pelle o di cotone e fodera in Rubber Wool. Una seconda versione in pelle presentava finiture a contrasto in cotone e un colletto a scialle come nella foto originale.

Gli anni duemila per C.P. Company

La C.P. Company cessò la produzione della Goggle Jacket per un breve periodo alla fine degli anni ‘90, ma il nuovo head designer, Alessandro Pungetti, la riportò alla ribalta nel 2001. Questa edizione speciale era realizzata in nylon/poliestere con rifinitura opaca e presentava una caratteristica particolare: l’uso di gomma vulcanizzata per il cappuccio e per le maniche. La foto della giacca fu usata sulla cover del libro “Casuals” di Phil Thornton,

Nel 2005 il brand lancia Gore-Tex, giubbotto con cappuccio e cuciture nastrate. Costituito interamente di tessuto a 3 strati con esterno, tradizionalmente in lino. Questa fu la prima volta nella storia che la tintura della membrana impermeabile ebbe successo.

A decenni di distanza dalla prima Goggle Jacket, nel 2008 una nuova collaborazione tra C.P. Company e il brand italiano Baruffaldi, leader nel settore degli occhialini da motociclisti fin dagli anni ‘30. Questa giacca corta presenta occhiali da sole tecnici regolabili attaccati al cappuccio che possono essere rimossi. Gli occhiali da sole sono dotati di una fascia elastica regolabile per la testa e stanghette opzionali. La lente sul polso per vedere l’orologio è un omaggio al design originale della Goggle Jacket.

Dal 2010 ad oggi

Nei primi mesi del 2010, l’azienda Sportswear Company vende C.P. Company alla FGF di Enzo Fusco, nota per alcuni marchi, tra cui Sweet Years.

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CP Company campagna autunno/inverno 2011

Riferendosi al design della giacca Dutch Police di Osti del 1982, il team di designer della C.P. Company, composto da Alessandro Pungetti e Paul Harvey, realizzò un giubbotto di poliestere giapponese: le migliaia di microfibre filate in modo lasco, di cui è composto, si gonfiano entrando in contatto con l’umidità naturale e creano una barriera impermeabile. La tintura in capo del tessuto aumenta ulteriormente questa caratteristica.

Dopo essere stato ceduto nel 2010 dalla Sportswear company di Carlo Rivetti alla Fgf Industry di Enzo Fusco, nel 2015 il marchio di capispalla è stato acquisito dalla società di Hong Kong Trivision international, gruppo già attivo con numerosi brand della moda.

Nel 2017 l’anorak è stato soggetto a una finitura ulteriore della tecnica di tintura in capo, tipica del brand, ovvero la tintura per componenti: lo strato esterno della giacca, fatto di una versione ultraleggera del 50 Fili (80 g/m2), è stato tinto in capo prima di essere attaccato a una membrana e ad uno strato interno.

P.Ri.S.M. è il nuovo tessuto esclusivo creato da C.P. Company, incarnazione dell’impareggiabile arte tintoria del marchio. Questo tessuto prismatico si compone di un’innovativa membrana in ripstop e poliuretano bicolore che crea un effetto davvero unico nel suo genere.

C.P. Company collabora con Adidas

Per festeggiare i 50 anni dalla fondazione il brand italiano decide di collaborare con Adidas. Il risultato è una capsule che comprende due pezzi iconici: la sneaker Italia Spzl e una versione premium della giacca Haslingden, ricreata insieme al team di C.P. Company. La capsule prende vita con una campagna evocativa scattata da Kevin Cummins, presentata dal calciatore Luke Shaw.

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Luke Shaw per la collaborazione di Adidas e CP Company

La Spzl è riproposta in pelle bianca con dettagli in verde e rosso, portando il logo alternato di entrambi i brand stampati in lamina d’oro sotto il colletto. La Haslingden, invece, è rielaborata con una stampa mimetica italiana degli anni ’70. Viene poi utilizzato il 50 Fili, uno dei più iconici tessuti C.P. Company, sostituendo il cappuccio con un classico design del brand italiano. Si tratta proprio del perfetto connubio di entrambe le aziende.

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