Rosa Genoni
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Genoni, Rosa

Rosa Genoni, un’icona femminista della sartoria italiana

Rosa Genoni
La vetrina di Rosa Genoni all’Esposizione internazionale del Sempione di Milano (1906)

Rosa Genoni (1867-1954) è stata una sarta italiana. Definita già nel 1907 “l’ideatrice della moda italiana” dai più influenti quotidiani del tempo, è sicuramente uno dei personaggi più importanti nel campo del costume agli inizi del ‘900.

La carriera di Rosa Genoni: gli inizi

Nata in provincia di Sondrio, dopo una lunga gavetta professionale tra Milano, Nizza e Parigi, ritorna nel capoluogo lombardo con l’ambita qualifica di première. Dal 1895 trova lavoro nell’atelier H. Haardt et Fils, una delle case di moda più prestigiose di Milano con filiali a San Remo, Lucerna e St. Moritz.

Genoni femminista

Fin dall’inizio della sua carriera, s’impegna sul fronte delle rivendicazioni contro lo sfruttamento del lavoro femminile, prendendo parte, insieme ad Anna Maria Mozzoni, al Congresso Internazionale di Zurigo del 1893 e partecipando attivamente al Movimento Femminile Socialista capeggiato da Abigaille Zanetta. Ben presto si avvicinerà ad Anna Kuliscioff, compagna di Andrea Costa e poi di Filippo Turati, di cui sarà amica e che diverrà testimonial di suoi tailleur moderni e semplificati.

Nel 1903, diventa direttrice di Casa Haardt, ma subito si ribella all’uso radicato di eseguire copie di modelli francesi per la ricca borghesia lombarda e decide di promuovere una linea di abiti “in puro stile italiano”.

Dal 1905, insegna Storia del Costume presso la Scuola Professionale Femminile della Società Umanitaria di Milano, dove presto diventa direttrice della sezione sartoria. Sulle pagine prestigiose del Marzocco, di Vita d’Arte e Vita femminile, scrive che l’emancipazione passa contemporaneamente attraverso una migliore istruzione delle maestranze, attraverso la razionalizzazione e la semplificazione del guardaroba femminile e la sua libertà formale dalle fogge d’oltralpe.

L’Esposizione Internazionale di Milano

All’Esposizione Internazionale di Milano del 1906 propone un nucleo di modelli ispirati a opere di celebri artisti del Rinascimento italiano. Nel farlo, Genoni testimonia come si potessero attingere illimitate idee dal grande patrimonio artistico nazionale. Due di queste creazioni, il celebre abito da ballo ispirato alla Primavera di Botticelli e il manto di corte desunto da un disegno di Pisanello, sono conservati alla Galleria del Costume di Firenze. Questo esperimento le valse il Gran Premio della giuria per la sezione Arte Decorativa dell’Expo.

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La Primavera

Sperimentazioni mai viste prima

Attraverso studi sulla scultura e sulla pittura dell’antichità classica, del Medioevo e del ‘400-‘500, rivoluziona anche il campo della decorazione per abiti. Lo fa introducendo ricami naturalistici tridimensionali mai sperimentati prima dalla moda. Nel giugno del 1908, presenta le sue soluzioni di moda italiana anche attraverso il teatro, con l’aiuto di Lyda Borelli che, sua fervida sostenitrice, indossa alcune sue “rivisitazioni” dall’antico.

Nello stesso anno, partecipa al primo Congresso delle Donne Italiane a Roma, con una relazione sui rapporti tra moda e arte decorativa. Grazie al suo impegno, nel 1909 nasce il primo comitato promotore per una Moda di Pura Arte Italiana presieduto da Giuseppe Visconti di Modrone e patrocinato da Franca Florio. Dalle pagine di Vita d’Arte, l’anno successivo, promuove il Concorso Nazionale per un Abito Femminile da Sera. Lo scopo è di propone di stabilire e alimentare l’autonoma creatività delle sartorie italiane.

Rosa Genoni
Lyda Borelli indossa una versione dell’abito trasformabile ispirato alle statuette di Tanagra

L’apice del successo di Rosa Genoni

Il suo successo tocca l’apice tra il 1908 e il ’12, anni in cui anche il New York Herald divulga le sue creazioni. Durante la prima guerra mondiale, intensifica la sua attività umanitaria a scapito di quella sartoriale. Tuttavia, decide di pubblicare una Storia della Moda attraverso i secoli in tre volumi, di cui, nel ’25, esce solo il primo. Dal ’28 è costretta a un esilio forzato per il suo aperto atteggiamento antifascista. Muore a Milano nel ’54.

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