Roberto Cappucci
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Roberto Capucci

Roberto Capucci, uno dei più grandi stilisti italiani e vincitore dell’Oscar della Moda

Roberto Capucci (1930). È ritenuto il più grande creatore italiano d’alta moda, intesa come fucina di pezzi unici. Comincia a disegnare vestiti giovanissimo. Nel ’51 presenta le sue prime creazioni a Firenze, sotto l’egida di Giovanni Battista Giorgini, suscitando sensazione e scalpore e riscuotendo immediato successo. Nel ’56 dopo la sfilata a Palazzo Pitti, viene acclamato dalla stampa internazionale come il miglior creatore di moda italiano.

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Roberto Capucci con una delle sue creazioni

Riceve i complimenti persino da Christian Dior. “In Italia avete un ragazzo prodigio che si chiama Roberto Capucci, se capita a Parigi, che mi venga a trovare”. Non potrà farlo perché l’inventore del New Look muore quello stesso anno. Nel ’58, con la creazione della sua linea A Scatola si aggiudica l’Oscar della Moda, premio istituito dalla Filene’s di Boston; la prima volta che è stato assegnato a uno stilista italiano.

Le origini

Romano, figlio di un medico, studia al liceo artistico e all’Accademia di Belle Arti di Roma, dove è allievo di Mazzacurati, Avenali, De Libero. Arriva alla moda quasi per caso: avrebbe voluto fare lo scenografo, il costumista, forse l’architetto. Outsider sin dal debutto, è spaventato “dal contagio della volgarità, dal mal gusto imperante, dalla bruttezza” e sceglie la turi eburnea del suo atelier e di una creatività in solitario.

Vive appartato, cercando stimoli ben lontani dall’universo – per lui troppo commerciale- della moda. Li trova in un viaggio lontano, osservando il volo di un uccello durante un safari in Africa, ma anche soltanto sbucciando un’arancia, copiando l’elegante voluta della buccia. Trae la sua ispirazione guardando un quadro, una statua, un’armatura; osservando il plissé di una gorgiera, la voluttuosità di un damasco in un ritratto del Bronzino. Il panneggio di un manto in una statua del Bernini, l’imprecisabile azzurro in un corsetto di Cosmè Tura.

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Gli abiti-scultura di Capucci, foto di Fiorenzo Nicolli, 1985

Le collezioni di Roberto Capucci

È anche per affinità che sceglie come cornice più adeguata a mostrare le sue opere antichi palazzi patrizi, musei, accademie, sale per concerti; e ogni sua sfilata è un evento più simile alla personale di un artista che a un défilé. Per preparare una collezione disegna fino a 1200 bozzetti di abiti, prima in bianco e nero per non essere influenzato dal colore, poi li seleziona.

Ogni suo vestito può richiedere fino a 4 mesi di lavoro e fino a 180 metri di tessuto, scelto sempre fra i più pregiati. Capucci è l’ultimo a usare il taffetà ermesino, tessuto a mano su telai del ‘500. Pretende rasi che abbiano la morbidezza del crêpe, utilizza il sauvage, seta grezza ricercatissima. Poi il mikado, la georgette, stoffe fatte tingere a Lione, riproduce fino a 172 sfumature di uno stesso colore nella plissettata di una cappa, di un corpetto, di una gonna, come nell’abito ispirato agli Oceani esposto al padiglione italiano nell’Expo di Lisbona del ’98.

Persegue un suo sogno visionario di bellezza in abiti-scultura con volute, creste, nervature che hanno la sontuosità e insieme il rigore e la ieraticità di costumi rinascimentali, di architetture fantastiche, di allegorie spettacolari. Abiti di fortissima personalità e di nessuna praticità, ricercati per grandiosi balli o per matrimoni particolarmente importanti. “Non mi sono mai lasciato influenzare dalla logica del quando me lo metto, dove ci vado? Non esisterebbe la storia del costume se altri, nei secoli, avessero pensato così”, ripete.

Le innovazioni

È il primo, negli anni ’60 a realizzare passerelle di avanguardia con gag di umorismo stralunato e sottile, in cui si diverte a sperimentare ogni sorta di materiali. Tra questi, la rafia, paglia, sassi di mare, plastica riempita d’acqua colorata, bambù, tela di sacco, vetrina, perspex, grani di rosario fosforescenti (nel ’65 a Parigi). Respinge l’inflazionata definizione di stilista preferendo essere chiamato ricercatore. È il primo ad aborrire e condannare il fenomeno delle top-model,che a suo avviso “vampirizzano” gli abiti.

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Le “capuccine”: le dive di Capucci

La sua prima cliente fu Isa Miranda, poi Doris Duranti ed Elisa Cegani. Elvina Pallavicini, la principessa dello scisma Lefebvre, fece da battistrada alle primedonne e alle prime fanciulle della grande aristocrazia nera. Le cosiddette “cappuccine”, come le definì Irene Brin. Ha vestito per occasioni particolarmente solenni principesse, dive, first ladies: da Gloria Swanson a Marilyn Monroe, da Jacqueline Kennedy a Silvana Mangano. Capucci la considera la donna più elegante da lui incontrata.

Indossava un suo abito in velluto con piccolo strascico Rita Levi Montalcini a Stoccolma, durante la cerimonia del Nobel.

Le mostre su Roberto Capucci

Fra le sue mostre personali, Roberto Capucci, l‘Arte della moda, Volume, Colore, Metodo a Firenze, Palazzo Strozzi (organizzata da Pitti Immagine su idea di Luigi Settembrini) e a Monaco di Baviera, Stadtmuseum, nel ’90; Roberto Capucci, Roben wie Rustungen nel ’91 al Kunsthistorisches Museum: 80 suoi abiti affiancati ad altrettante armature da cerimonia del XV secolo. Roberto Capucci, i percorsi della creatività a Roma, Palazzo delle Esposizioni nel ’94. Nello stesso anno in cui a Montefalco (Perugia) alcuni abiti dell’archivio Capucci sono esibiti accanto a opere d’arte del ‘400 di Benozzo Gozzoli e del Perugino. I disegni mai realizzati di Roberto Capucci a Milano, Palazzo Bagatti Valsecchi nella primavera del ’99.

I suoi vestiti sono esposti permanentemente in numerosi musei del mondo, fra cui: Galleria del Costume di Palazzo Pitti a Firenze, Museo-Fortuny a Venezia, Victoria and Albert Museum a Londra, Kunthistorisches Museum a Vienna.

Capucci dagli anni ’60 agli anni ’90

Dal ’62 al ’68 si trasferisce a Parigi, dove apre un atelier e dove sarà il Primio couturier italiano cui viene offerto di dare la firma a un profumo. Nel ’70, collabora con Pier Paolo Pasolini che lo sceglie per disegnare i costumi di Silvana Mangano in Teorema. Con il tempo si accentuano sempre di più il suo gusto per la ricerca e la necessità di autonomia dalle mode imperanti ma anche dalla ripetitività dei calendari e dalla logica della griffe.

Nei primi anni ’80, quando le sfilate arrivano in televisione e si afferma il prêt-à-porter, abbandona la Camera della Moda e sceglie di presentare le sue creazioni secondo i suoi ritmi, in città sempre diverse, spesso in musei. Nell’86 è chiamato all’Arena di Verona a ideare i costumi delle sacerdotesse della Norma in Omaggio a Maria Callas.

Nel ’95 è invitato al China Textile Council a tenere un ciclo di seminari sull’arte della moda presso le università di Pechino e Shanghai.

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Gli anni 2000

Nel febbraio 2001, Capucci festeggia 50 anni di moda. Venezia gli dedica una mostra ideata e curata da Gianluca Bauzano, patrocinata dalla Camera Nazionale della Moda e realizzata da Nylstar, in occasione della terza edizione dei Meryl Awards. Nello stesso anno, il marchio vende una parte del suo impero a Franco Bruccoleri, da 20 anni distributore di grandi marchi in Europa. Bruccoleri è a capo di una cordata di investitori che hanno deciso di rilanciare il marchio di Capucci, senza intaccarne l’identità. Roberto Capucci rimarrà direttore artistico della maison.

Nel 2002, in occasione della mostra di Capucci a Tokyo, Sistema Moda Italia, insieme all’Associazione Tessile Italiana e alla Camera della Moda, organizza nello stesso luogo Flash Made in Italy. Un’installazione con 4 megaschermi, 5 monitor, e uno spazio per incontri tra imprenditori italiani e buyer giapponesi. Sono proiettate immagini di sfilate di Milano Moda Donna, di manifestazioni italiane sui filati e l’abbigliamento. La zona internet dà la possibilità di visitare i siti oltre 600 aziende.

Le griffe italiane, nel 2001, hanno esportato in Giappone capi accessori per 954 milioni (+10% rispetto all’anno precedente).

La nuova direzione creativa

Nel 2003 un nuovo gruppo creativo entrato a far parte della maison ne reinventerà lo stile e l’immagine del prêt-à-porter. Si basano su un archivio di 30 mila disegni, bozzetti e schizzi (di cui quasi la metà inediti) e nel rispetto della tradizione della casa romana. A maggio dello stesso anno, ha luogo la mostra nella settecentesca Villa Panza, ceduta in donazione al Fai dal collezionista di arte contemporanea Giuseppe Panza di Biumo. Gli 80 abiti storici di Capucci sono messi in relazione, per forme e colori, con le opere d’arte che li circondano. È una retrospettiva molto ampia che parte dalla Linea a Scatola del 1958.

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C’è il “Fuoco” presentato a New York nell’85, il gruppo d abiti per la Biennale di Venezia nel ’95, ispirato a un mondo immaginario di elementi minerali e naturali. L’Oceano creato per l’Expo di Lisbona, che unisce mille pezzi di tessuti a simulare i colori del mare. Anche il Giorgini, in onore dei 50 anni di moda italiana (2001) e di colui che la lanciò a Firenze nel 1951. La mostra è curata da Gianluca Bauzano, con catalogo di Skira.

Nel 2003, il marchio svela la nuova collezione Eveningwear, disegnata a Parigi. L’happening vede anche il debutto della nuova linea di scarpe che Franca Maria Carraro ha disegnato per il marchio. L’alta moda continua a essere opera di Capucci. Una selezione di capi che anticipano la primavera-estate 2004 è presentata al 46 di rue de Sevigné.

La fondazione

Nel 2006, nasce la Fondazione Roberto Capucci con l’Associazione Civita che opera da circa 20 anni nella valorizzazione del patrimonio culturale italiano. La Fondazione ha la finalità di conservare e promuovere la conoscenza del lavoro del Maestro, con l’obiettivo di renderlo strumento di formazione e di crescita per la cultura e le idee nella moda, nel design, nell’alto artigianato. La Fondazione è una piattaforma per la selezione e il lancio di giovani talenti e luogo d’incontro e di genesi di nuove creatività. Ha sede presso la Villa Bardini di Firenze in Oltrarno.

A partire dal 2007, si organizzano i primi eventi, tra i quali la mostra “Elogio del Maestro” conclusasi nel marzo 2009. Una serie di immagini esposte nella Stanza delle Esposizioni Temporanee realizzate dal fotografo Fiorenzo Niccoli. Egli è stato il più fedele tra i reporter del Maestro e sin dalla metà degli anni ’70 lo ha seguito con una continua e costante ammirazione. “La stima e la fiducia che nutro per Niccoli sono incrollabili”, afferma Capucci, ” gli dedico molto volentieri uno spazio nel mio museo”.

Sempre nel 2009, da marzo a maggio, le creazioni di Roberto Capucci sono state esposte a Palazzo Fortuny di Venezia. Simbolo della mostra è stata la nuova creazione “Sposa in Rosso”.

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La Sposa in Rosso, Capucci

Gli anni ’10 del 2000

Per il decennio successivo Capucci continua ad esporre la sua arte e i suoi progetti in diversi musei e gallerie. In un’intervista, il designer dichiara: “Preferisco le mostre al museo più che le sfilate, perché nelle sfilate si invitano 200 persone, 250, l’elite che va e viene, mentre alle mostre chiunque può accedere”.

Nel 2011, il designer in collaborazione con il Philadelphia Museum of Art, ha ospitato la mostra Fashion Into Art. La mostra comprendeva oltre ottanta opere di disegni e schizzi originali. Si tratta di lavori che spaziano dall’inizio della sua carriera. Si celebra il genio della moda italiana, i suoi leggendari abiti-scultura, tra cui la sua silhouette “Colonna” del 1978, basata sulla colonna dorica. È inclusa anche la sua serie di sculture del 2007, in onore della città di Firenze. La mostra è stata considerata come il più grande studio del lavoro di Capucci negli Stati Uniti. 

Il 2011 è stato un anno di numerose mostre, tra cui Il Teatro alla Moda. Costume di Scena, Grandi stilisti (Museo Mazzucchelli, Brescia). Il Risorgimento a Colori: Pittori, patrioti e patrioti Pittori nella Roma del XIX Secolo (Museo di Palazzo Braschi, Roma); Copyright Italia Brevetti Marchi Prodotti 1948-1970 (Archivio Centrale dello Stato, Roma), Abiti, Architetture del corpo” (Centro Culturale le Rosminiane, Biella), Moda in Italia. 150 anni di Eleganza( La Venaria Reale, Torino) e Roberto Capucci e l’Antico. Omaggio alla Vittoria Alata (Museo di Santa Giulia, Brescia).

L’attenzione ai giovani talenti

Nel 2012, Roberto Capucci, in collaborazione con Moda e Modi, lancia un concorso per giovani designer. Volto a stimolare la crescita e a scoprire nuovi talenti, il concorso ha chiesto ai giovani designer di ispirarsi a 8 abiti di scultura disegnati da Capucci. L’anno successivo, le migliori proposte sono state esposte insieme ai 50 bozzetti e agli 8 abiti scultura di Capucci al Salone Del Mobile. Dall’esito del concorso, è stato pubblicato il libro Capucci for Young designers.

Nel 2018, Roberto Capucci a 87 anni, presenta una collezione di schizzi di personaggi in costume, androgini e fantastici per un set teatrale fantasy. Dionysian Capucci: Theatre Designs mostra dei ballerini immaginari dai corpi atletici e delle creature dai colori vivaci.

Il documentario Forbidden Fashion e i 90 anni del designer

Nel 2019 esce in anteprima Forbidden Fashion, un documentario di Ottavio Rosatti. Il film ripercorre il percorso creativo di Capucci, traendo spunto da una serie di interviste ed eventi come la mostra Alla ricerca della regalità alla Venaria Reale di Torino o Roberto Capucci e i giovani a Palazzo Moraldo di Milano. Inoltre, il documentario include testimonianze di persone vicine al designer, come Anna Fendi, Sylvia Ferino, Eike Schmidt, Raina Kabaivanska, Pierluigi Luisi e Sidival Fila.

Nel 2020, per le celebrazioni del 250º anniversario della nascita di Ludwig Van Beethoven, la produzione di Le creature di Prometeo/ Le creature di Capucci è stato il connubio di musica e costumi iconici. I costumi per il concerto sono stati realizzati partendo dagli schizzi originali di Capucci, esposti nel 2018. Lo spettacolo ha fatto parte del festival spoletino Dei Due Mondi ed è stato presentato in Piazza del Duomo nel mese di agosto.

Allestita in occasione del 90º compleanno del grande maestro Roberto Capucci, la mostra Thank you – Roberto Capucci and the search for beauty è una collezione inedita di abiti-scultura disegnati dal Maestro Capucci in omaggio alla Madonna. 
La mostra si ispira alla tradizione rinascimentale delle “Madonne vestite”.

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