Nan Goldin
G,  Fotografi

Goldin, Nan 1953

Nan Goldin e la fotografia intimistica

Nan Goldin
“Savage tenderness”

Nan Goldin è una fotografa e artista americana. Studia alla School of the Museum of Modern Art di Boston, poi nel 1978 si trasferisce a New York, dove vive e lavora. Fin da giovanissima utilizza la fotografia come diario personale, proponendo un percorso visivo dove la messa in scena si confonde con la realtà e la quotidianità con la sottolineatura degli eccessi di cui, insieme a compagni di vita e amici, è protagonista. Tutto ciò è evidenziato nell’86 con la pubblicazione del libro The Ballard of Sexual Dipendency, che accompagna l’omonima mostra. Da allora pubblica Cookie Muller (’91). The Other Side (’92), Ten Years After: Naples 1986-1996 (’98), Couplet and Loneliness (’99). Nel ’96, realizza il film I’ll be your mirror.

Segnata dal suicidio della sorella diciottenne Barbara Holly

Segnata dal suicidio della sorella diciottenne Barbara Holly il 12 aprile 1965, è proprio fotografando la propria famiglia che incomincia il suo lavoro fotografico. In seguito rimane molto vicina all’album di famiglia sia per la tecnica sia per i soggetti scelti.

Nel 1979, incominciando dal Mudd Club 4 di New York, l’artista comincia a presentare le sue immagini con una proiezione di diapositive accompagnate da una colonna sonora punk. Le foto, anche se danno l’impressione di essere state rubate, non sono mai scattate con il soggetto troppo vicino all’obiettivo per farlo risultare “sorpreso”. Nelle sue opere si può vedere la vecchiaia, l’amore, la morte, l’infanzia che si succedono nei pochi secondi della proiezione prima dell’immagine successiva. Il suo è un reportage intimistico, un tipo di fotografia che influenzerà moltissimo le generazioni successive al suo lavoro.

I suoi lavori, che fin dall’inizio utilizzano più media

I suoi lavori, che fin dall’inizio utilizzano più media, anticipano la realtà fotografica attuale. Nan Goldin osserva la parte trasgressiva e nascosta della vita della città con un approccio intimo e personale. I ricordi privati divengono opere d’arte solo dopo la decisione di esporli. Ritrae amici e conoscenti, ma anche sé stessa, come nel celebre Autoritratto un mese dopo essere stata picchiata. Il suo stile diventa un’icona della sua generazione difficile e assume un’ulteriore svolta dopo la diffusione dell’AIDS, che mette in discussione la sua fiducia nel potere delle immagini rendendole chiaro che esse le mostravano solo coloro che aveva perso. La Goldin intende le foto che documentavano la vita quotidiana dei suoi amici sieropositivi in funzione di una valenza sociale e politica, e come attivista di Act Up organizza la prima grande mostra sull’AIDS a New York nell’89.

Call to action sul problema degli oppioidi

Attualmente impegnata con performance e call to action sul problema degli oppioidi, utilizza i social network, Instagram e Facebook per le call to action. Le più importanti quelle realizzate al Museo Metropolitan di New York nel 2018 e 2019. Ciascuna delle sue immagini è caricata di un peso romanzesco di uno spessore umano, potenza drammatica che fanno di Goldin la fotografa più atipica e affascinante del tempo. Più che una fotografa, è un’analista del sentimento, contrario del sentimentale, in Goldin il sentimento non è altro che il sesso, la faccia nascosta della tragedia.

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