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Levi’s: il jeans che ha conquistato intere generazioni

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Indice

  1. La nascita dei Jeans
  2. I jeans di Levi Strauss
  3. Levi’s Cowboys
  4. Il denim: simbolo delle sottoculture

La nascita dei Jeans

In Nevada, a Reno, nel 1871, Jacob Davis era il sarto della città. Una delle sue clienti gli commissiona dei pantaloni da lavoro per il marito taglialegna, vuole dei pantaloni resistenti che pagherà tre dollari. Per la realizzazione utilizza una tela dell’ingrosso Levi’s Strauss & Co., fondata nel 1853 da Levi e dal cognato David Stern. Il tessuto che utilizza è il denim, nella sua forma grezza, e per questo di colore bianco. Jacob utilizza i rivetti per rafforzare i punti di tensione sui pantaloni, come gli angoli delle tasche. La leggenda racconta che Davis ebbe l’intuizione in una scuderia, vedendo i rivetti che venivano utilizzati per unire le coperte alle selle e alle briglie.

Il jeans nasce con quattro tasche, una dietro e tre davanti, senza passanti per la cintura, ma con dei bottoni per poter fissare le bretelle. Molti notano la funzionalità e la modernità di questo modello di pantaloni e così Davis comprende presto che per poter mantenere autentica e sua l’idea che ha avuto, dovrà brevettare il capo. Il brevetto costa 68 dollari e lui non ha abbastanza soldi per poterlo fare, non ha nemmeno gli strumenti necessari per poter soddisfare le numerose richieste dei clienti. Così nasce la collaborazione tra Jacob Davis e Levi Strauss, che gli paga il brevetto e gli concede di produrre nella sua fabbrica.

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Jacob Davis

I Jeans di Levi’s Strauss

Il primo denim tinto di indaco viene ritrovato in una miniera, con l’aggiunta della quinta tasca. I primi modelli erano realizzati con una tela color cachi. Il modello pian piano viene elaborato e studiato per renderlo più tecnico, viene aggiunta la cimosa, il rafforzo interno, una lavorazione pregiata che faceva aumentare il costo di vendita.

In base all’esigenze dei lavoratori le tipologie dei capi in dine iniziano a variare, nasce la salopette, ma anche le giacche. Il modello Levi’s 501 era uno dei più costosi e così viene introdotto anche il modello più economico, i 201. Strauss inizia a vendere per corrispondenza, quando ne 1886 compare il patch, l’etichetta con i due cavalli che cercano di strappare un paio di jeans, tirandoli in posizione opposte, in cuoio. L’etichetta è una strategia di marketing per sottolineare l’indistruttibilità dei jeans Levi’s.

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Levi’s Strauss

Iniziano a nascere dei competitors, primo tra tutti Lee, che produceva principalmente le tute da lavoro, con i rivetti, che però non erano in rame come quelli di Davis e Strauss. Il marchio Lee però utilizza già all’epoca le zip, invece Levi’s applicava ancora i bottoni, oltre al fatto che le tecniche pubblicitarie del primo marchio erano più efficaci, come la bambola Buddy, venduta vestita in denim.

Jacob e Levi comprendono che devono estendere il loro mercato, così realizzano un modello dotato di passanti per la cintura, comoda per i cowboys, che diventano i testimonial del brano del Nevada.

Negli anni ’30-’40 la qualità e l’attenzione per i dettagli si raffina, ponendo maggiore attenzione alle cuciture e al taglio del modello, che diventa più slim. Nasce anche la famosa giacca Road Jacket, un’evoluzione del classico giubbotto da lavoro, realizzati con tele più resistenti.

Levi’s Cowboy

La figura dei cowboy è fondamentale per la storia di Levi’s, ma anche per il ruolo nella società che svolgono, fino a quando i mezzi di trasporto non migliorano. Così per ingranare le entrate economiche i cowboy aprono le porte ai loro ranch, organizzando visite e attività, per questa occasione Levi’s realizza una linea che battezza con Dude Ranch. Il marchio si concentra sul concetto di life style e realizza una serie di camicie, realizza anche jeans da donna, che però venivano indossati solo dalle più rivoluzionarie e ribelli.

Fino agli anni ’50 l’America non è mai stata realmente pronta a introdurre il denim nei propri guardaroba, erano capi destinati ai lavoratori. Con l’inizio della seconda metà del secolo invece avviene un vero e proprio boom. La musica country sicuramente influenza la moda del momento, figure come Elvis Presley portano il denim in tutta l’America e Europa.

Levi’s, il denim come simbolo delle sottoculture

Viene realizzato il Pop Over, un grembiule per le casalinghe, in dine, venduto con un guanto da cucina, così da poter introdurre anche nella realtà femminile un tessuto che non poteva essere indossato in altra maniera.

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James Dean indossa un look Levi’s

Anche il cinema è fondamentale per la diffusione di questi capi. Marlon Brando veste Levi’s, James Dean veste Lee. I due sex symbol del momento diventano un vero e proprio mezzo pubblicitario, la loro divisa è jeans, t-shirt e giacca di pelle, che viene copiata da tutti, donne e uomini.

Siamo in un momento dove le sottoculture si sviluppano velocemente e le mode si trasformano in stili e gusti differenti, che convivono nello stesso periodo storico.

I Bikers indossano i 501, una t-shirt o un dolcevita bianco, giacca di pelle nera e scarponcini. I Mods indossano dei Levi’s dal modello più a sigaretta, scarpe classiche, come mocassini e parka verde militare. È anche il periodo della Beat Generation, artisti come Pollock e Andy Warhol vestono un total look in denim.

Con gli anni ’60 arrivano gli hippy, i jeans diventano a zampa di elefante, con una vita molto bassa. Anni ’70:  punk, i Sex Pistols e i Ramones sono i maggiori esponenti musicali. Malcolm McLaren, fondatore dei Sex Pistols, collabora con Vivienne Westood nella realizzazione di uno stile che segnerà la storia. Insieme recuperano jeans di seconda mano e li personalizzano, con slogan, patch e dettagli che spesso risultano disturbanti, ma dal forte valore comunicativo. I jeans acquistano un connotato sociale, politico e anche sessuale, con l’inserimento di una zip frontale. Anche gli Skinhead fanno del denim la loro divisa.

Le donne e i jeans

Nel mondo femminile, avviene un cambiamento radicale. Le gonne si accorciano e tante sono le interpretazioni delle minigonne nel tessuto blu-indaco, così come la nascita degli Hot pants, ritenuti inizialmente blasfemi e dal forte richiamo sessuale dai più puritani. Oliviero Toscani è il fotografo che realizza una campagna per Fiorucci dedicata proprio agli Hot pants, “non avrai altro jeans all’infuori di me” citava lo slogan. Fiorucci introduce anche i bikini in denim.

Innumerevoli sono i marchi che si dedicano alla produzione e alla ricerca della versione più originale della creazione di Levi’s: Moschino, Calvin Klein, Diesel, Enrico Coveri. Ma non solo, poiché numerosi sono gli utilizzi del tessuto nei diversi modelli, il visionario Jean Paul Gaultier realizza un abito da sera in denim.

I Paninari, negli anni ’80, indossano jeans a vita alta e giubbotti Moncler. Ancora nelle sottoculture c’è una forte presenza di questo capo così delle sue varianti.  La moda Hip Hop propone jeans larghissimi, a vita bassissima, scarpe Adidas e collane d’oro.

Gli ultimi anni

Nel corso degli anni, il marchio ha registrato un forte successo che ha portato ad eccellenti risultati non solo sotto l’aspetto economico ma anche e soprattutto sociale. Particolarmente popolari, negli anni ’50 e ’60, sono i Levi’s modello 501 da sempre prodotti e che confermano la fama dell’azienda nell’abbigliamento casual.

Acquisendo la Great Western Garment Co. (produttore di abbigliamento canadese), Levi’s conferma di voler ramificare la sua produzione e valicare nuove frontiere dello stile con l’innovativo jeans stone washed, ottenuto con la tecnica dello stone-washing. Precedentemente alla quotazione in Borsa a New York, avvenuta nel 1971 e con una raccolta di 50 milioni di dollari, la famiglia vende parte della sua quotazione a Simpkins mantenendo, però, una quota di maggioranza. 

Dopo i successi del passato, Levi’s si scontra con i primi fallimenti dovuti ad una concorrenza spietata che obbliga i vertici a chiudere sessanta stabilimenti. Per superare questa annosa crisi, nel 1986 lancia sul mercato il marchio Dockers che aiuta a mantenere in attività la griffe, in forte crisi economica. In Europa sarà commercializzata solo dopo dieci anni dalla sua fondazione. Nel corso degli anni, nel 2004 per l’esattezza, Levi’s tenta di alleggerire parte del debito accumulato (circa 2,6 miliardi di dollari) vendendo la divisione Dockers ma con scarso successo.

Il periodo nero giunge al suo apice nel 2007. Nonostante il calo delle vendite, però, il marchio investe su nuovi stabilimenti produttivi all’estero che si rivelano chiave vincente per la ripresa. Il potere della griffe è evidente. Lo è, se si pensa che una giacca di pelle indossata da Albert Einstein, realizzata da Levis’ Strauss, è stata battuta all’asta da Christie’s per ben 110 mila dollari.

2019. Il ritorno in Borsa e le co-lab

Cavalcando l’onda del successo ottenuto attraverso le co-lab, nel 2019 Levis’ firma una partnership con Wardrobe.NYC Denim per un total look composto da quattro pezzi e che comprende un blazer, una camicia di jeans, una maglietta e un paio di jeans attillati ispirati al classico Levi’s 501.

Nell’agosto dello stesso anno, il marchio firma una nuova collaborazione ma con la griffe Ganni e torna, dopo 35 anni, ad essere quotata a Wall Street con una valutazione di 8,7 miliardi di dollari. Al comando, gli eredi del fondatore: Mimi e Margaret Haas.

Nonostante la forte ripresa del marchio dopo gli alti e bassi degli anni precedenti, nel 2020 la stampa fa sapere che il marchio è nuovamente in crisi e il futuro dell’azienda, incerto. Nell’anno del Covid-19, l’etichetta perde, nel solo primo trimestre, ben 800 milioni di dollari rispetto al 2019. Secondo Chip Berg, CEO del marchio, la chiave di svolta potrebbe essere il digitale

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