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Filanto: Azienda italiana di calzature

Il fondatore di Filanto è Antonio Filograna, che è stato anche un dirigente sportivo italiano.

Nato a Casarano nel 1923, Antonio Filograna, fin da giovanissimo, ha alternato la frequenza scolastica con l’apprendistato presso un calzaturificio nel suo paese di origine prima di trasferirsi, all’età di diciassette anni, a Milano, come operaio specializzato.

Rientra a Casarano dopo alcuni anni con l’obiettivo di realizzare nel proprio paese una moderna industria calzaturiera. Fonda, così, nel 1948, la sua prima azienda, un piccolo laboratorio a conduzione familiare; nel 1968 dà vita a quella che sarà una delle principali industrie calzaturiere italiane e una delle prime realtà industriali del Salento, la Filanto. La Filanto ha raggiunto, infatti una produzione giornaliera di oltre 50.000 paia di calzature, essendo per un certo periodo il più grande produttore europeo. Nel 1997 viene per questo insignito del titolo di Cavaliere del lavoro.

Per otto mesi, dal 13 novembre 1980 al giugno 1981, è stato vittima di un sequestro. Dopo che la sua famiglia pagò la somma di 1,5 miliardi di lire, i suoi rapitori chiesero un nuovo riscatto e, per farlo, tagliarono il mignolo della mano sinistra dell’industriale.

Oggi l’azienda è guidata da Michele Zonno. Produce collezioni sia per uomo sia per donna con i due marchi, Filanto e Bkt. Nel 2001, il giro di affari è stato di 140 milioni di euro, per l’85 per cento all’estero, con vendite in 80 paesi.

La truffa di Filanto

Il processo per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche ai danni della Regione Puglia e dell’Inps si è concluso con un verdetto di colpevolezza. Il giudice ha disposto la confisca di beni mobili e immobili per un valore complessivo di 10 milioni e mezzo di euro. Non solo. La sentenza contempla anche: sanzione amministrativa e pecuniaria di 400mila euro e interdittiva di 1 anno alla Filanto e alle aziende Consorzio Produttori Salentini CalzatureTecnosuoleItaliana Pellami e Tomaificio Zodiaco; sanzione amministrativa pecuniaria di 300mila euro e interdittiva di 1 anno a Iris Sud.

Stando alle carte dell’inchiesta, segnata nel marzo del 2013 dal sequestro per “equivalente” di beni mobili e immobili, la Filanto avrebbe scorporato i propri rami d’azienda, poi raggruppati nel Consorzio, per ingannare la Regione Puglia e appropriarsi così dei finanziamenti pubblici destinati alle piccole e medie imprese per complessivi 10 milioni di euro.

In particolare, i contributi, erogati in diverse rate dal 24 dicembre del 2003 fino al 24 novembre del 2011, erano di quattro milioni e mezzo in sostegni pubblici (dal Por Puglia 2006 e dal bando Pacchetti integrativi di agevolazioni), e di sei milioni in sgravi fiscali. Tutto questo sarebbe avvenuto senza rispettare due condizioni obbligatorie: realizzare nuovi impianti e assumere personale.

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